Il Modello Umanistico Bioenergetico Integrato è olistico e dinamico, orientato a cogliere l’insieme di tre dimensioni che coinvolgono l’essere umano: biologica e corporea; psichica ed emozionale; sociale e relazionale.
L. De Marchi, psicoterapeuta di formazione reichiana, umanista, individuava, tre dimensioni da conoscere ed esplorare: Empatica: basata sul contatto autentico con il “cliente”; Esistenziale: permette di scorgere e considerare le radici intrapsichiche della sofferenza umana;Corporea: sede delle tensioni e contratture che parlano di noi e del nostro modo di vivere e gestire le emozioni.
Teoria dei Caratteri secondo W. Reich (1897 – 1957) e A. Lowen (1910 -2008)
La Bioenergia, sotto l’influenza di W. Reich (1897 – 1957) e A. Lowen (1910 -2008), si è occupata dell’essere umano nella sua interezza “mente-corpo”.
L’ideatore dell’Analisi Bioenergetica è stato l’americano A. Lowen, psicoanalista, psichiatra, paziente e allievo di W. Reich, il quale oltre a condividere il pensiero analitico del suo maestro relativo all’energia ed ai sistemi di tensione corporea, negli anni Cinquanta sviluppò ulteriormente il concetto di “armatura caratteriale”, sistematizzandolo nella teoria dei cinque tipi caratteriali, elaborando una tecnica analitica che va in direzione leggermente divergente rispetto a quella di Reich.
Di seguito, tratterò la creazione e le relative cinque strutture caratteriali secondo gli insegnamenti della terapia energetica, una psicoterapia corporea nata negli anni ’60, grazie al genio di John Pierrakos, medico e psicoterapeuta americano, fondatore insieme ad Alexander Lowen della Bioenergetica.
Nella psicoterapia bioenergetica si distinguono cinque figure caratteriali che si strutturano nel corpo e nella psiche del bambino come reazione difensiva nei confronti dell’ambiente che lo circonda. Si tratta di un vero e proprio meccanismo di sopravvivenza che si sviluppa entro i primi cinque, sei anni di vita e rimane attivo e normalmente inconscio per tutta la vita.
Soprattutto i genitori, ma anche gli insegnanti e le principali figure di riferimento, con le quali il bambino entra in contatto, hanno un fortissimo impatto su di lui, nel senso che egli viene “plasmato” a “immagine e somiglianza” dei suoi educatori.
Naturalmente, ogni individuo reagisce in maniera diversa agli “influssi ambientali”, formando un carattere che risulta dall’incontro delle potenzialità individuali con ilmondo esterno.
Sia W. Reich che A. Lowen affermavano che lo stile educativo che i genitori avevano nei confronti dei figli sviluppasse una particolare struttura psicologica nello sviluppo della loro personalità. In particolare, ritenevano che l’uso dei metodi educativi rigidi potesse impedire ai figli di sviluppare comportamenti anticonvenzionali, in quanto i bambini venivano privati dell’esperienza necessaria per poter esprimere appieno le loro potenzialità, creatività, idee e convinzioni.
Dal bambino i metodi educativi rigidi vengono vissuti come punitivi, minacciosi e sviluppano sentimenti ed emozioni di aggressione e rabbia. L’ostilità percepita nei confronti dei genitori viene però repressa dal bambino che tende a idealizzarli in senso difensivo, assumendo un atteggiamento sottomesso nei confronti dei genitori e/o di persone che rappresentano l’autorità. L’esigenza di scaricare l’energia psichica accumulata tramite la repressione familiare fa si che la rabbia e l’ostilità vengano proiettate all’esterno, utilizzando come capri espiatori le figure più deboli. Di fronte a questa esperienza, il bambino si trova davanti ad un bivio, a due possibilità: la prima consiste nell’accomodamento, ovvero un adattamento alle regole rigide genitoriali, la seconda nella resistenza alla repressione.
Come già precedentemente affermato, l’accomodamento alle regole impedisce al bambino di esprimere la propria creatività e individualità, lo rende pauroso, timido, timoroso dell’autorità, ubbidiente ed “educabile” in senso autoritario. L’inibizione morale paralizza: ogni impulso libero viene caratterizzato da grave paura e provoca una generale inibizione nel pensiero e nella capacità critica.
W. Reich, parlando della psicoanalisi e delle grandi scoperte fatte in campo psicologico, concordò con l’idea che le istanze morali dell’uomo derivano dai metodi educativi dei genitori o di chi ne fa le veci, sin dalla primissima infanzia. Fondamentali sullo sviluppo della personalità sembrano essere quelle misure educative che si rivolgono contro la sessualità del bambino: il conflitto, che inizialmente si crea fra i bisogni del bambino e i divieti dei genitori, continua in seguito a manifestarsi come conflitto tra pulsione e morale dell’uomo.
La sessualità del bambino, della quale fa parte anche l’aspetto più importante del rapporto bambino-genitori, viene rimossa per paura della punizione degli atti e dei pensieri sessuali (complesso di castrazione), esclusa dall’azione e cancellata dalla memoria.
Secondo l’ipotesi psicoanalitica, la rimozione della sessualità infantile si sottrae quindi al dominio della coscienza inibendola e permettendo il manifestarsi di gravi disturbi patologici della vita psichica.
Pertanto, a parere di W. Reich, di fronte al bivio tra adattamento e resistenza alla repressione, soltanto la seconda possibilità garantisce all’individuo la realizzazione della sua personalità e il primato dei suoi bisogni.
L’intuizione fondamentale che proviene dall’opera di W.Reich sull’analisi del carattere è la comprensione del meccanismo che fa si che le esperienze della prima infanzia continuino ad avere un effetto sulla nostra esperienza attuale: il passato può essere così estrapolato attraverso l’analisi del presente. Infatti, le prime esperienze infantili hanno un impatto importante sia sul comportamento che sul carattere della persona e diventano la base delle modalità attuali di risposta, non solo per quello che fa, ma anche per il modo in cui lo fa, affermando così in maniera assolutamente nuova, il ruolo della memoria implicita e procedurale. Nel pensiero di W.Reich, pertanto, la nevrosi non si manifesta esclusivamente attraverso sintomi psichici, ma diventa visibile nel corpo sotto forma di tensioni muscolari.
Nell’opera Analisi del Carattere (1933), egli sostiene che ogni individuo possiede una sorta di “armatura caratteriale” mediante la quale si difende dagli stimoli provenienti dal mondo esterno o dal proprio inconscio. Detta “armatura”, indotta dalla struttura sociale in cui una persona si trova a vivere, ne limita più o meno gravemente la mobilità psichica. Difatti, la grande scoperta fu che le resistenze dei pazienti non sono soltanto psichiche, ma si strutturano anche nel corpo sotto forma di contrazioni muscolari, così che il rimosso non sarebbe un’astrazione, bensì prenderebbe corpo nelle tensioni somatiche. L’energia si blocca in alcune parti del corpo che diventano luoghi di tensioni e di conflitti emotivi: questo, in sintesi, è quanto si può ricavare dalla teoria di W.Reich sul carattere. In altri termini, esistono precise identità funzionali fra tensioni somatiche e vissuti emozionali rimossi: entrambi rispondono alle stesse esigenze difensive, nel senso che ad ogni tensione corrisponde un blocco emozionale e viceversa. Pertanto, non possiamo vivere né a livello mentale né emozionale le sensazioni corporee; ugualmente possiamo rivivere a livello mentale ed emozionale solo quello che siamo riusciti a liberare dalla prigione corporea. Queste strutture difensive si manifestano, sin dalla nascita in ogni aspetto delle persone, come risposta ad eventi traumatici o a carenze cui devono far fronte a partire dai primi mesi di vita nel modo di comportarsi, di muoversi, di respirare, di pensare, ecc.
Come abbiamo visto, le strutture caratteriali nevrotiche vengono determinate da esperienze traumatiche verificatesi nella prima infanzia dell’individuo.
In particolare, per W.Reich la famiglia costituisce l’apparato educativo dal quale deve passare, quasi senza eccezione, ogni membro della società fin dalla nascita, influenza il bambino in direzione della propria ideologia e fa da intermediario tra la struttura della società e la sua sovrastruttura ideologica che inevitabilmente si imprime in maniera indelebile in ciascuno dei membri della famiglia stessa.
Ciò che deriva da questo modello di famiglia “triangolare”, in cui il bambino è sottoposto alla “tirannia indiscutibile” dei genitori, è che gli stessi da lui pretendono “amore assoluto e devozione assoluta”. In sostanza, ciò che i genitori reclamano è non solo l’obbedienza, ma il monopolio delle emozioni e sensazioni del figlio, che diventano legittime solo se sono rivolte, in forma di affetto smisurato, a essi stessi.
Il bambino in tal modo è stretto nella morsa familiare e produce una fissazione ai genitori in senso emozionale e autoritario. Già per il fatto d’esser piccolo fisicamente egli viene soffocato dall’autorità dei genitori, sia essa rigida o no.